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L'intervento

L'indipendenza energetica passa dalla transizione ecologica

L'indipendenza energetica passa dalla transizione ecologica
L’Europa e gli USA propongono misure per rendersi indipendenti dalle fonti fossili Russe. Per l'Italia ci sono implicazioni economiche e climatiche
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L'agenzia internazionale dell'energia (IEA) ha certificato un fatto noto ma preoccupante: le emissioni di CO2 nel 2021 hanno subito un enorme rimbalzo, aumentando del 6% rispetto al 2020 e portando le emissioni al record assoluto di 36,3 Gt CO2. L'aumento delle emissioni è stato dovuto alla crescita economica post-pandemica, associata ad un forte aumento dell'uso del carbone, il più inquinante dei combustibili fossili, anche per colpa dei prezzi del gas alti. Nel frattempo, Bruxelles e Washington hanno annunciato misure per favorire l'indipendenza energetica dalla Russia e aumentare le pressioni  avviate con le sanzioni. Queste misure hanno ripercussioni economiche e climatiche che potrebbero essere significative, anche se incerte. 

La proposta europea 

La Commissione Europea ha proposto la nuova strategia RePowerEU, basata sulla diversificazione delle fonti di approvvigionamento e una spinta all'elettrificazione verde. L'idea è quella di diminuire le importazioni di gas russo di due terzi già quest'anno. La maggior parte della riduzione è prevista avvenire tramite l'aumento del gas naturale liquefatto (GNL) e di approvvigionamento via condotte da paesi terzi. La restante parte (circa il 40%), da efficientamento degli usi civili e da rinnovabili nel settore di generazione elettrica.  

Queste misure sono tecnicamente fattibili, anche se richiedono misure ed incentivi straordinari. Il risparmio energetico è la leva più immediatamente utilizzabile, e anche quella con il potenziale maggiore nel breve periodo (ad esempio l'IEA stima che ridurre di 1°C il termostato nelle case può far risparmiare fino al 10% dei consumi), però è anche quella socialmente più complessa da attuare. L'elettrificazione degli usi finali nel settore residenziale offre un notevole potenziale di guadagno di efficienza. Le pompe di calore hanno un mercato in forte crescita ed ormai dominante nei paesi del Nord Europa, ma non in Italia, nonostante il potenziale di risparmio notevole. Il piano europeo prevede di accelerare la diffusione delle pompe di calore, parzialmente anticipando gli obiettivi del 2030 di averne installate 30 milioni in Europa. Investimenti in infrastruttura pubblica, anche tramite il PNRR, possono contribuire ulteriormente, mentre gli onerosi incentivi per le ristrutturazione edilizie dovrebbero essere riconsiderati sulla base degli effettivi risparmi energetici e adeguati di conseguenza - ad esempio promuovendo fortemente l'adozione di pompe di calore nel settore civile e eliminando sussidi ambientalmente dannosi come quelli per l'installazione di nuove caldaie a gas. 

Infine, dal momento che la prospettiva di mercato attuale per le fonti di energia fossili (in particolare gas e petrolio) è fortemente instabile, Il grosso dello sforzo in termini di approvvigionamento energetico deve concentrarsi sull'aumento delle fonti rinnovabili, che sono già economicamente competitive per la generazione elettrica, anche qui anticipando le installazioni comunque previste sotto il Green deal (di 800 GW di rinnovabili livello europeo, e circa 80 GW in Italia). Le nuove installazioni devono pertanto essere fortemente accelerate, sbloccando le autorizzazioni per gli impianti "utility-scale", promuovendo una nuova ondata di rinnovabili domestiche e favorendo le Comunità Energetiche come mezzi per ridurre il peso delle bollette.

Figura1. Importazioni nette in Italia di petrolio e gas, storiche e proiettate al 2030 per raggiungere gli obiettivi del Fit-for-55. Fonte dei dati: Commissione Europea
Figura1. Importazioni nette in Italia di petrolio e gas, storiche e proiettate al 2030 per raggiungere gli obiettivi del Fit-for-55. Fonte dei dati: Commissione Europea 

Contemporaneamente si deve pensare ad una riorganizzazione del mercato elettrico e del meccanismo di formazione dei prezzi all'ingrosso. In particolare, separare la determinazione del prezzo dell'energia prodotta da fonti fossili da quella prodotta dalle rinnovabili, pur garantendo a queste ultime una remunerazione equa e premiante (in particolare in presenza di reinvestimento degli utili in ulteriori rinnovabili), è una soluzione da prendere in seria considerazione. Per i nuovi investimenti, sistemi di aste con 'contract for difference' stanno diventando lo standard in diversi paesi europei e assicurano gli investimenti senza generare profitti esagerati, e anzi fungono da strumenti assicurativi in caso di alti prezzi. La strategia di investimenti in fonti rinnovabili e in sistemi di accumulo deve essere diversificata, sia territorialmente che per tecnologia,  includendo opzioni ad alta resa annuale come l'eolico offshore. L'incremento delle fonti rinnovabili deve essere accompagnato da un rafforzamento della rete elettrica nazionale e da un integrazione con quella Europea. La decarbonizzazione del sistema elettrico è particolarmente importante per ridurre la dipendenza dal gas russo: un calo del 60% dell'uso di gas per la generazione richiede di aumentare la produzione da fonti rinnovabili di 3 volte e mezzo, installando circa 70-80 GW fra eolico e solare in tre anni - progetti già esistenti, solo in attesa di sblocco delle autorizzazioni. 

Questa accelerazione richiede un forte coordinamento europeo. Il documento della Commissione evidenzia la necessità di riformare e rafforzare i mercati europei del gas e dell'elettricità. Riformare il mercato del gas è una priorità Europea già dall'anno scorso, quando divenne chiaro che una parte significativa dell'aumento dei prezzi era anche dovuto a speculazioni di trading. Questo significa che mettere un tetto ai prezzi del gas al di sotto di quelli attuali è probabilmente fattibile, ma richiede uno sforzo istituzionale. I sistemi di calmieramento dei prezzi devono essere indicizzati alla capacità economica, al fine di contrastare una disuguaglianza già esasperata dalla pandemia. Per questo sono necessarie risorse economiche e fiscali: la Commissione apre sulla parte fiscale tramite l'uso delle clausole del Patto di Stabilità e la possibilità di tassare - temporaneamente - gli extra profitti delle società energetiche: molte società sia produttrici che di generazione elettrica hanno beneficiato dei prezzi alti delle risorse, e queste risorse economiche possono essere utilizzate per schermare le famiglie ed imprese pù a rischio del caro energetico. Più discutibili sono le proposte europee di investimenti in idrogeno e trasformazione della infrastruttura gas verso l'idrogeno: non è chiaro come queste misure ridurrebbero effettivamente la dipendenza estera e se i costi economici li giustifichino. Meglio puntare di più su efficientamento ed elettrificazione da rinnovabili. 

Le misure di Washington 

Nel frattempo Biden ha annunciato un ordine esecutivo in cui bandisce le importazioni di petrolio e gas Russi. La misura ha il merito di evidenziare l'importanza di affrontare il petrolio e non solo il gas, visto che la maggior parte dei finanziamenti alla Russia derivano dal primo. Questa scelta, per ora non condivisa dall'Europa, estremizza la proposta di un economista di Harvard, che avrebbe avuto il vantaggio di fornire risorse economiche per schermare famiglie ed imprese esposte all'incremento dei prezzi dell'energia. Il meccanismo, che consiste in dazi "selettivi" alle importazioni di petrolio russo, forzerebbe vendite al di sotto del prezzo del mercato, tagliando gli utili senza eliminare i flussi fisici, a meno della disponibilità di altri acquirenti. 

L'Europa finora ha deciso di non muoversi in questa direzione, spinta soprattutto dalle preoccupazioni tedesche e visto il rischio di ritorsioni con la chiusura dei rubinetti del gas. In realtà, uno studio proprio per la Germania ha calcolato che gli impatti macro-economici di uno stop alle importazioni dalla Russia sarebbero relativamente modesti ed assorbibili, ma che allo stesso tempo colpirebbero di più le famiglie a basso reddito, un serio problema sociale in paesi come l'Italia dove la povertà energetica è un fenomeno preoccupante. Questo evidenzia la natura politica e sociale della sanzioni e delle accise alle importazioni, ma anche l'importanza di affrontare il petrolio insieme al gas. 

La transizione come soluzione 

L'Italia deve sfruttare questa strategia emergenziale e le risoluzioni europee al meglio. Pertanto le strategie di breve periodo che ci devono preparare al prossimo inverno, fra cui l'aumento temporaneo di importazioni da altri Paesi, la riduzione della domanda e gli incentivi allo stoccaggio, devono essere concertate a livello europeo senza compromettere ed anzi accelerando la strada verso il Green Deal. Questo segnerebbe una nuova era per l'Europa in cui fiscalmente siano incentivati e promossi gli investimenti che raggiungano il doppio scopo di rendere il continente energeticamente sicuro e allo stesso tempo pulito. 

L'Italia ha investito pesantemente sul gas naturale, portandolo dal 26 a quasi il 40% negli ultimi 30 anni. Il Green Deal europeo prevede che i consumi di gas prendano la direzione opposta, riducendosi di un terzo nei prossimi otto anni e di quasi il 60% nel settore della generazione elettrica. Anticipare questa trasformazione ridurrebbe le importazioni di gas di quasi quanto interamente fornito dalla Russia oggi, e permetterebbe anche di accelerare l'indipendenza dai prodotti petroliferi in atto già negli ultimi due decenni. 

Pierpaolo Cazzola (Già consigliere all'international Transport Forum ed analista l'International Energy Agency), Massimo Tavoni (Politecnico di Milano e European Institute on Economics and the Environment) e Andrea Tilche (National Technical University of Norway)